Quel “para” la dice tutta: si tratta quasi di una farmacia. Il che non è un buon punto di partenza, almeno sotto il profilo commerciale
Della farmaci ha l’aspetto, i settori, l’esposizione e la presenza di un farmacista laureato. Eppure la parafarmacia paga il suo peccato originale con un’immagine da Serie B: appena nata è stata privata della funzione prevalente della vera farmacia: vendere i farmaci “importanti”, quelli della “ricetta rossa”.
A 20 anni dalla sua nascita, ancora oggi la parafarmacia non si presenta con una identità indipendente dalla sua sorella maggiore, atteggiamento confermato dalle periodiche pressioni delle associazioni di parafarmacie al Governo per ridurne le limitazioni. Segno evidente di affari non soddisfacenti.
D’altra parte, se le farmacie garantiscono una formidabile continuità territoriale e temporale, che giro ci si poteva aspettare da nuove simil-farmacie depotenziate?
Costruire una clientela fidelizzata per una parafarmacia è difficilissimo, visto che nella maggior parte dei casi a poche centinaia di metri è ubicata da decenni una farmacia che tutto il quartiere conosce e stima.
Solo in due casi questa difficoltà è stata superata dalle parafarmacie:
- nei centri commerciali o nelle stazioni: il visitatore diventa cliente della parafarmacia se non ci sono altre farmacie nella stessa area commerciale, e le attribuisce piena autorità (purché il suo appeal sia al livello degli altri negozi del centro commerciale);
- in città: il cittadino diventa cliente della parafarmacia con una potenzialità di successo direttamente proporzionale alla distanza dalla prima farmacia e a quanto la parafarmacia stessa si propone migliore, più grande e più “scintillante”.
In tutti gli altri casi, la parafarmacia ha un giro d’affari molto ridotto: i clienti continuano a preferire le farmacie (ma anche profumerie e sanitarie) per i prodotti in vendita in parafarmacia.
Emulare le farmacie è un atteggiamento perdente: loro offrono di più e sono attive nello stesso territorio. Occorre altro
Anche nel caso di una parafarmacia che produca utili di impresa, non mi convince un modello commerciale che accetta passivamente la propria inferiorità rispetto alla sorella maggiore, cui vorrebbe per giunta fare concorrenza emulandola.
Non trovo sano replicare un modello di farmacia che è stato vincente in passato, ma che ora risulta evidentemente fallimentare.
Per salvare la parafarmacia da una concorrenza imbattibile occorre renderla indipendente dalla farmacia, facendo del suo svantaggio un punto di forza.
Il messaggio che la parafarmacia deve trasmettere deve diventare:
- da Vorrei essere una farmacia vera, ma accidenti non me lo permettono, però per piacere la crema snellente comprala qui da me
- a Se cerchi il banco etico vai in farmacia. Qui trovi la stessa professionalità ma applicata ad altri scopi, ugualmente importanti.
Se il banco etico (e quindi la farmacia) serve a curare i sintomi, l’unico modo per dotare la parafarmacia di una sua propria personalità sarà mostrarla come il luogo specializzato per impedire al sintomo di apparire. In questo modo non sarà più percepita come una debole alternativa alla farmacia, ma come potente alternativa di prevenzione.
La parafarmacia oggi lavora sui settori sbagliati: il sintomo è l’amico della farmacia, non suo
Sia in farmacia che in parafarmacia i settori non direttamente legati alla salute vendono poco perché fuori dalla missione prevalente. E se in farmacia hanno ancora un senso commerciale per via del flusso continuo di clienti, in parafarmacia si trattano “per tradizione emulatoria”, senza una vera coscienza critica, e quindi contribuiscono al danno di immagine.
Vanno quindi sostituiti con reparti direttamente legati alla costruzione e al mantenimento del buon stato di salute.
Mi rendo conto che dimostrare di essere esperti in prevenzione non è semplice, anche perché lo stesso concetto di prevenzione è confuso con quello di diagnosi precoce. Chiariamoci: per prevenzione intendo le azioni che evitano l’insorgere del sintomo, non un mezzo per trovare il sintomo prima che si manifesti. Per essere ancora più esplicito, NON sto dicendo che la parafarmacia deve diventare un centro diagnostico.
L’offerta della parafarmacia deve venire identificata come complementare a quella della farmacia, facendo leva sulla professionalità del farmacista nell’individuazione esatta di quanto occorre per mantenere l’individuo in buona salute e preservarlo dall’insorgere delle malattie. Occorre quindi creare nuovi reparti completamente diversi da quelli attuali, tutti incentrati sulla prevenzione.
Creare i nuovi reparti non è facile, ma ci aiuta il Ministero della Salute.
Il sito tematico dedicato alla prevenzione del Ministero della Salute sembra fatto apposta per guidare alla scelta dei nuovi reparti della parafarmacia che desideri essere identificata come il più autorevole centro di prevenzione globale. Tra le decine di potenziali settori trattati dal sito come misure preventive per la salute, te ne ho estratto qualcuno, giusto a titolo di esempio:
- alimentazione bio, tisane, nutrizione consapevole
- home fitness e accessori sport
- fitoterapia
- accessori per praticare lo yoga
- accessori e oli per massaggi.
Continuare a dispensare sop e otc diventa così non più il business principale, ma piuttosto il modo per suggerire al cliente come cambiare stile di vita,ed evitare che il sintomo non ricompaia più in futuro. Non vorrei sbilanciarmi, ma ritengo questa la più efficace interpretazione del ruolo del farmacista moderno.
Vista in questa chiave, la parafarmacia riscopre un ruolo proprio, si apre in un settore praticamente libero, utilizza la sua autorità per superare l’eventuale concorrenza delle erboristerie e risulta complementare e al pari della farmacia tradizionale, che più difficilmente riesce ad avviare un processo di rinnovamento come questo.
Chiaramente occorre studiare sia per diventare dei punti di riferimento per le comunità già sensibili a questi settori in forte crescita che per indirizzare correttamente la clientela tradizionale. Ma il beneficio finale di questa specializzazione nel medio e lungo termine è garantito.
Conclusioni
- Le parafarmacie che ripropongono assetto e assortimento le farmacie emulano un modello fallimentare, a meno che non siano in determinate condizioni (come dentro un centro commerciale).
- Chiedere riduzioni alle limitazioni della licenza snatura dimostra che la parafarmacia non ha un ruolo ben definito, e, oltre che a essere inutile, dimostra tutta la sua debolezza.
- Un ruolo efficace, che peraltro corrisponde ad un vuoto di mercato, corrisponde ai settori legati alla reale prevenzione della salute umana (non alla diagnosi precoce).
- Rivestire questo ruolo, per quanto faticoso, può rappresentare un business molto interessante e svincolerebbe le parafarmacie dalla pericolosa emulazione delle farmacie.
Farmacisti che vendono libri?!?
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