Il 2006 è stato un anno memorabile per il settore della distribuzione del farmaco: il decreto Bersani-Visco aprì la possibilità di vendere farmaci da banco alle attività commerciali (purché includessero un farmacista iscritto all’Ordine) creando la prima grande incrinatura nelle misure di protezione della categoria.
Con la parafarmacia, per la prima volta, chiunque poteva aprirsi al mercato con un’attività molto più vicina alla farmacia di qualunque altra:
Complice la prospettiva (o diciamo anche speranza) di una graduale apertura alla liberalizzazione, sono stati da allora migliaia tra farmacisti e semplici cittadini che hanno deciso di aprire una parafarmacia.
Sembra che circa 4.000 parafarmacie abbiano aperto per cessare l’attività dopo pochi anni, segnando una possibilità di sopravvivenza assolutamente diversa da quella delle “sorelle maggiori”, le farmacie.
La debolezza della parafarmacia si avverte anche da altri segnali, come i numerosi annunci di cessione di attività o di arredamento per parafarmacia, sempre presenti nei portali specializzati (guarda ad esempio queste pagine di Subito.it e Kijiji.it).
Non nascondiamoci dietro un dito: troppe parafarmacie hanno un carattere commerciale ibrido e debole
L’errore imprenditoriale più grossolano è quello di aprire parafarmacie sia nell’aspetto esterno che nella disposizione interna quanto più simili possibile alla farmacia.
Non so se questa sia una scelta così diffusa solo per spirito di emulazione, ma sta di fatto che:
- si è provato con modelli commerciali deboli a fare concorrenza a potenti farmacie dall’avviamento pluri-decennale;
- ci si è dimenticati che il 95% della clientela entra in farmacia con la ricetta, e sono tutti clienti che non avranno mai motivo di entrare in parafarmacia;
- si è ricalcato il vecchio modello architettonico della farmacia “a sala d’attesa”, che non stimola in alcun modo l’acquisto di impulso;
- non si è valutato che il termine “parafarmacia” comunica tutta la debolezza del “voglio ma non posso” e che pertanto viene ignorato da buona parte della potenziale clientela.
Per dimostrarti quanto questo ultimo punto sia vero, ti invito a replicare coi tuoi conoscenti lo stesso test che ho condotto io, ovvero chiedere a conoscenti non del settore se sono mai entrati in una parafarmacia e, in caso di risposta negativa, il perché.
“Sei mai entrato in una parafarmacia? No? E perché?”
Chiedilo all’edicolante, al portiere, al tramviere, alla maestra di tuo figlio, al prete, a quanti insomma potrebbero essere clienti di una parafarmacia (quindi di qualsiasi età ed estrazione sociale).
Scoprirai che ancora oggi sono in tanti a non aver capito che cosa sia davvero una parafarmacia, e che quindi continua ad andare in farmacia anche per OTC e SOP.
Certo, ci sono le eccezioni: nei centri commerciali, nelle stazioni e in tutti quei luoghi di grande passaggio pedonale in cui non sono ubicate delle farmacie, la parafarmacia-simil-farmacia può essere un business interessante.
Così come sicuramente esistono delle parafarmacie che hanno saputo imporsi sul mercato grazie ad un modello commerciale forte e particolarmente attrattivo: casi che confermano che il successo dipende:
- da una precisa idea imprenditoriale
- dalla specializzazione in un settore di nicchia
- dalla capacità di valorizzare il proprio carattere di unicità rispetto a qualsiasi altra attività commerciale.
La parafarmacia diventa molto interessante quando smette di essere sia “para” che “farmacia”, per acquisire una sua personalità determinata
L’evidenza dimostra che non basta aprire una parafarmacia per avere un posto di lavoro assicurato, anzi che è vero il contrario: il rischio è che si rompono tutti i salvadenai della famiglia per ritrovarsi dopo pochi anni di duro lavoro solo con una montagna di debiti.
Piuttosto occorre sviluppare un progetto commerciale svincolato dal carattere della farmacia (tanto le farmacie sono imbattibili su questo aspetto), e specializzato su nicchie di mercato che potrebbero essere valorizzate dalla presenza del farmacista.
I settori di specializzazione possibili sono tanti quanti i reparti della parafarmacia: focalizzare la propria offerta sul settore di preferenza, a partire dal nome stesso dell’attività, le permetterà di esprimere liberamente il suo vero carattere.
E se si sarà lavorato bene, il mercato lo riconoscerà senza dubbio.
Conclusioni:
- La parafarmacia che ricalca la farmacia è un progetto commerciale ad alto rischio.
- Occorre individuare un settore trainante in cui specializzarsi (e che abbia molto mercato, ma poca concorenza).
- Aprire una parafarmacia solo perché non si riesce a trovare lavoro, senza un adeguato progetto imprenditoriale, è un buon modo per rischiare i propri soldi (o quelli dei propri genitori).