Come ho spiegato (per primo in Italia), la liberalizzazione di un sistema protettivo, prima ancora di celare inciuci e interessi personali è un processo di naturale smantellamento quando la misura si rende obsoleta.
Quando il secolo scorso fu istituito il Sistema sanitario nazionale, infatti, l’industria farmaceutica si era appena affermata come una innovazione strategica per l’intera nazione: tutti gli italiani avrebbero dovuto beneficiarne. Così, per “convincere” i farmacisti a trasformarsi da esperti preparatori a venditori preparati, fu necessario predisporre un sistema di supporto che:
L’obiettivo di questa misura protettiva era creare una distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale e sempre disponibile per i cittadini. Da quando l’immensa rete delle farmacie italiane esiste e funziona perfettamente (e sono decenni), quell’antica misura di protezione è diventata un obsoleto privilegio.
Non entro nel merito se questo sia giusto o meno e se per i cittadini cambierà qualcosa in bene o in male, perché non è questo il mio ruolo. Sicuramente posso garantirti che entro numerosi altri “pezzi di protezione” stanno per crollare, per arrivare, intorno al 2035, alla liberalizzazione totale delle licenze.
Stefano Pessina, uno dei principali attori mondiali della distribuzione del farmaco, dichiara da anni pubblicamente di essere interessato a stanziare cifre ingenti per rilevare le farmacie a rischio di fallimento.
Evidentemente il suo piano è di installare anche in Italia la sua potentissima catena di farmacie Boots.
La sua mossa non è solo da guardare come una mera speculazione: rilevando centinaia di farmacie, Pessina salverà l’intera Italia da una crisi pesantissima.
Infatti, se queste farmacie fallissero tutte insieme, si verificherebbe un effetto domino con almeno tre effetti deleteri:
- il valore delle licenze di farmacie calerebbe immediatamente a picco, perché centinaia di licenze andrebbero all’asta (maggiore è l’offerta, minore il prezzo);
- migliaia di persone perderebbero il lavoro, tra collaboratori, agenti e fornitori di prodotti e servizi;
- i creditori dovrebbero aspettare anni per riscuotere una frazione minima del loro credito.
Invece, se qualcuno le acquista, si verificherebbero i seguenti benefici:
- i parametri di valutazione delle farmacie resterebbero inalterati;
- si conserverebbero tutti i posti di lavoro;
- i creditori potrebbero riscuotere rapidamente parte del loro debito (è inevitabile che assisteremmo a importanti trattative, ma meglio poco e subito che pochissimo tra 10 anni).
Quindi, a ben guardare, se in questo momento parte delle farmacie a rischio fallimento venissero rilevate, il comparto avrebbe solo da guadagnarci.
Ma non stiamo parlando di benefattori…
Se un gruppo investe miliardi di euro per rilevare delle farmacie in rotta di fallimento, lo fa perché è certo di moltiplicare in pochi anni il capitale investito. Probabilmente “rivenderà” anche al Governo il beneficio di avere evitato il crac, ottenendo un dialogo politico preferenziale, ma principalmente si tratta di un’operazione finanziaria.
Un’operazione paradossalmente meno rischiosa dell’acquisto di una singola farmacia condotta con le conoscenze, la disponibilità economica e le energie del suo titolare.
Il gruppo, infatti, grazie alla sua struttura, ha il potere di:
- avere margini diversi di quelli di una farmacia, per potere contrattuale (o per il fatto di possedere distributori e/o case farmaceutiche);
- avere una gestione fiscale molto più leggera, spostando alcuni costi in Paesi con una pressione fiscale diversa;
- sottrarre intere fette di clientela alle altre farmacie, adottando potenti modelli commerciali già testati altrove.
Rischio d’impresa azzerato

Sostituendo la innocua farmacia sovraindebitata con una accattivante, pagando (legalmente) meno tasse e avendo un elevato margine, un gruppo multinazionale contiene al minimo il rischio d’impresa, e anzi punta ad un rapido recupero dell’investimento iniziale. |
Da oggi in poi, le farmacie quanto varranno?
Come scrivevo sopra, il problema della perdita di valore delle farmacie non dipende affatto dalle catene (almeno nel breve termine), ma dalla speranza che quelle sovra-indebitate non falliscano tutte insieme (da fonti molto autorevoli ho appreso che sarebbero più di 2.000 farmacie). Al di là di queste prospettive, la tendenza al ribasso sarà comunque inesorabile, e punterà naturalmente a raggiungere un valore pari a zero per il 2035, quando, secondo le mie previsioni, le licenze saranno totalmente libere. Quindi la migliore risposta alla domanda “quanto varranno le farmacie da ora in poi?” è: varranno sempre di meno. Pertanto, la prospettiva di vendere non è affatto errata, in questo momento.
Vendere per poi ritrovarsi senza lavoro?

Più di un titolare di farmacia mi ha confidato che la prospettiva della vendita è inapplicabile per lui: tra debiti, banche e TFR resterebbe qualche spicciolo, e per di più si troverebbe disoccupato. D’altra parte, se non ci sono ragioni concrete che lasciano un rilancio del fatturato, è opportuno anche simulare lo scenario della vendita tra qualche anno, quando la stessa farmacia varrà molto meno.
Il valore delle farmacie oggi è al suo minimo storico, se confrontato con gli ultimi 20 anni, ma al suo massimo valore assoluto, se confrontato coi prossimi 20 anni. |
Gli errori che non è più possibile commettere
Se fino a ieri tutto sommato il titolare di farmacia poteva contare su una relativa tranquillità, adesso non può più permettersi di sbagliare strategia: è il momento di passare dal ruolo del farmacista a quello dell’imprenditore.
Questo significa abbandonare i preconcetti tipici della categoria, che vedono nello sviluppo commerciale uno svilimento della professione. È vero piuttosto che:
- la farmacia, in quanto attività commerciale, tende naturalmente al lucro;
- i comportamenti scorretti della vendita in farmacia sono già indicati con estrema precisione nel codice deontologico;
- i clienti scelgono la farmacia principalmente per la sua ubicazione, e non per la professionalità o gentilezza dei farmacisti (riscontrabili quasi ovunque).
Occorre, quindi, scendere dal piedistallo e prendere coscienza che i tuoi clienti sono pronti per tradirti per una farmacia che prometterà loro un’esperienza di acquisto migliore.
L’unico modo per riuscirci è perseguire lo sviluppo commerciale
In un recente articolo (Le 12 false soluzioni che invece di rilanciare la farmacia, la danneggiano) ho esaminato le proposte anti-crisi più diffuse. Alcune di queste (come i volantini) sono per fortuna in fase calante, ma altre resistono nonostante la loro totale inutilità, e distraggono dall’unico obiettivo della farmacia: lo sviluppo commerciale.
L’unico obiettivo da perseguire per crescere anche in questo momento di incertezza è lo sviluppo commerciale della farmacia.
Quello che ho definito “sviluppo commerciale” è l’insieme di attività che la farmacia deve mettere in atto per incrementare scientificamente, automaticamente e continuativamente le vendite del libero servizio.
Occorre certamente una persona (il titolare) che vi si dedichi con metodo, ma si tratta dell’unica strada che può garantire una crescita continua: quali forze esterne dovrebbero attivarsi altrimenti per fare crescere le vendite? Bisogna studiare e applicarsi, ma per fortuna non è difficile.
Conclusioni
- Il DDL Liberalizzazione è solo una tappa dell’inesorabile percorso verso la liberalizzazione totale delle licenze, che prevedo avverrà nel 2035.
- L’intervento delle catene è un fenomeno positivo per tutto il comparto, perché scongiurerà centinaia di fallimenti.
- Le catene rappresenteranno un avversario pericolosissimo per le farmacie.
- Vendere adesso è una scelta da valutare attentamente, in considerazione della tendenza inesorabile al calo del valore delle licenze.
- Le catene puntano a rubare i clienti delle altre farmacie intervenendo su un modello commerciale forte e testato.
- L’unico modo per contrastare le catene è avviare lo sviluppo commerciale della farmacia.
Fonti e presupposti di questa analisi
- Definizione del fatto che i presupposti del sistema di limitazione della concorrenza era per ottenere una distribuzione capillare del farmaco industriale: economia classica (capitolo “monopoli”).
- Previsione della data di liberalizzazione totale: se il presupposto di cui sopra è corretto, nel momento in cui l’obiettivo è stato raggiunto, lo Stato vuole naturalmente eliminare i privilegi, e la categoria naturalmente lotta per non cedere. Il tempo che abbiamo definito per la liberalizzazione totale deriva dalla nostra convinzione che le catene acquisiranno buona parte del mercato entro circa 15 anni. Quando questo avverrà, la categoria sarà tanto indebolita che non sarà più in grado di contrattare.
- Per definire gli effetti delle catene sul mercato abbiamo viaggiato parecchio e interloquito sia con figure chiave che coi farmacisti stessi (di catena e non).
- Per l’osservazione sulle parafarmacie, la matrice non può che riferirsi a Al Ries e Jack Trout, capiscuola della focalizzazione aziendale.
- Le dichiarazioni dell’ing. Pessina citate sono facilmente trovabili tramite Google News.
- La stima del numero di farmacie sovraindebitate nasce da una analisi interna, successivamente revisionata (al rialzo), dopo il confronto con alcuni attori di rilievo nazionale, che disponevano di analisi più estese, sia a livello politico che aziendale (purtroppo non posso fare nomi, ma ti assicuro che si tratta di fonti autorevoli e che da un interlocutore all’altro non c’erano grandi variazioni).
- Gli effetti negativi sul valore delle licenze che si avrebbero con un fallimento collettivo sono stati stimati in base ai parametri classici della legge della domanda e dell’offerta.
- Il conto economico della vendita della farmacia non intende avere una validità generale, ma deriva da esempi reali nei quali i lettori potrebbero ritrovarsi.